Il Riar senza segreti in un articolo sullo storico periodico aziendale Alfa Notizie, ottobre 1972, di Angelo Bordoni, dirigente Alfa Romeo e primo Segretario del RIAR. Note del Presidente Stefano d’Amico.
Vogliamo parlarne un pò ?
Almeno per chiarire anche ai non iniziati cosa significhi questa parola dal suono notarile che, effettivamente, è anche un pò archivio della rarità e della bellezza giacchè si propone di annoverare e datare gli esemplari sopravvissuti di auto di una determinata marca.
Giovanni Lurani Cernuschi, secondo Presidente del RIAR e Camillo Marchetti, mitico Direttore Relazioni Esterne Alfa.
Alfa Romeo, nel nostro caso. Naturalmente non è soltanto un inventario ma una libera associazione di uomini appassionati che, quasi sempre, hanno affrontato dopo l’acquisto, la grossa difficoltà di reperire materiali autentici per il restauro ed il ripristino della struttura originale.
Valorizzare lo spirito di marca attraverso scambi di informazioni e incontri è altra finalità del Registro.
Oggi che questo sodalizio è cresciuto fino a raggiungere un totale di una cinquantina di associati – cifra notevole per una marca di auto di razza – (il RIAR, che oggi annovera circa 2000 Soci selezionati in tutto il mondo, ha sempre cercato di contenerne il numero privilegiando la qualità alla quantità N.d.R. ) e fra questi ci sono nomi che contano nella storia dell’automobilismo come Lurani, Chinetti, Sanesi, Guidotti, ( ….., Castelbarco, Artom, Nicola e Gianni Bulgari, Cy Twombly, Stokes de Robilant, Cetti Serbelloni, Bin Selvatico Estense,… N.d.R. ) oggi che ha una struttura statutaria, una sua naturale sede milanese ed è affiancato dalla Casa madre, non sarà inutile ricordare come nacque.
I soci… uomini un pò strani, capaci di impegnare energie e soldi per risuscitare una bellezza antica senza cavarne altro interesse che una gioia di segreto possesso nelle cure della preparazione e una composta fierezza dopo, quando quella bestia a quattro ruote – che magari fu bandiera in un’epoca – ricomincia a rotolare per le vie del mondo e se gli dici che la amano come una creatura è facile che ti ridano in faccia e invece… è proprio così.
Dunque il Registro.
Diciamo subito che questa associazione delle antiche Alfa Romeo nacque fuori dalla influenza della Casa che non stimolò, nè incoraggiò il suo sorgere, lo autorizzò soltanto. E fu – diremmo – un comportamento saggio. Il Registro non doveva proporsi come uno strumento di relazioni pubbliche o di promozione vendite. Doveva dimostrare di essere capace di esistere per la volontà associativa degli appassionati, dimostrare, come poi fece, di possedere una vitalità potenziale.
Ne promosse la costituzione Angelo Tito Anselmi – esperto e critico di quella ormai innegabile tecnica-arte che è il collezionismo di auto d’epoca – quando era, nel 1962, Segretario Generale della Federazione Italiana degli Automotoveicoli d’Epoca ( FIAVE, l’ASI ancora non esisteva. Fu fondata nel 1968 grazie allo scioglimento della FIAVE e al sostegno dello stesso RIAR. N.d.R. ). Ne fu Commissario il collezionista romano Francesco Santovetti. Il collezionismo d’auto come fatto estetico, come capacità di attualizzare il passato attraverso strumenti di efficienza permanente e di forme ormai definitive sottratte per sempre all’urgenza della mutevolezza, era ormai, anche in Italia, una realtà affascinante.
È doveroso però ricordare che esso non sarebbe stato possibile se qualcuno non si fosse dato da fare per salvare dalla demolizione gli esemplari che, allora, non erano ancora antichi ma soltanto vecchi. Il Barone Giorgio Franchetti di Roma, per esempio, noto esperto di arte moderna, comprese perfettamente i valori estetici del disegno meccanico Alfa, che oggi fan parte del patrimonio culturale di tutti. Solo che lui lo capì vent’anni fa e salvò dai mazzolatori stupendi esemplari che magari, in quel tempo, parevan troppo recenti.
Il recente diventerà antico (è lapalissiano) ma in quel momento (e in quei tempi … N.d.R.) eran pochi a pensarci. Fra questi il compianto Venturi a Roma, i fratelli Leto di Priolo, Longoni, Lurani, Artom a Milano, Dubbini a Padova, Cupellini a Bergamo, Gentili e Storchi a San Martino in Rio, Lanza in Sicilia ed altri recuperatori valorosi.
Questo in Italia.
Altrove ricordiamo, fra gli altri, Angela e Alan Cherrett in Inghilterra, Slater a Londra e Goldhann a Vienna.
Ma altrove la valorizzazione della auto d’epoca ci aveva preceduto sia come fatto estetico sia, sopratutto, come uso, come presenza stradale. Ed è interessante rilevare che il numero di antiche Alfa Romeo ancora esistenti nel mondo è notevolmente elevato in proporzione al numero limitato degli esemplari prodotti, segnatamente per le più sportive. Come se qualcosa avesse paralizzato il braccio dei demolitori davanti a quelle immobilizzate regine che, in quel momento, eran soltanto vecchie, senza un valore che non fosse di prestigio.
Un fenomeno di cui Anselmi vede la ragione “in quella intrinseca bellezza delle cose esatte che ha sempre impedito di vederle come oggetti da buttar via”. Esemplari, talvolta bellissimi, sono negli Stati Uniti, in Sud Africa, in Australia, in Inghilterra sopratutto…
…E tutti i sabati fuori. Se c’è un raduno, bene e se non c’è, si va lo stesso, da soli, regolari ed anche tranquillamente orgogliosi di quella marca che infonde simpatia e rispetto. Come ogni associazione analoga di marca, Il Registro Alfa Romeo cataloga, informa, suscita contatti, organizza. E va bene. Va molto bene.
Ma, prima di tutto, questo Registro ha segnato l’incontro delle antiche auto con la Casa madre. L’incontro fu quello, famoso, del giugno 1966, quello del Castello Sforzesco ( a Milano ) e della Pista di Balocco. Trentadue Alfa Romeo in vetrina fra le mura del Filarete e poi in gara di regolarità a Balocco e fino ad Arese.
Fu l’incontro colorito che precedette e consacrò la trasformazione, non soltanto formale, del Registro, l’elezione della cariche sociali, una svolta della sua attività, la sede a Milano, ora che la sua potenziale vitalità era maturata. Lo spettacolo di quelle trentadue vetture, a cui accorse mezza Milano, lo ricordiamo in molti ma pochi rammentano che il 5 maggio di qualche anno prima una squadra di veterane Alfa Romeo, tutte accese in rosso, varcò i cancelli del Portello, si collocò a pettine nel grande cortile vuoto che le aspettava, lo occupò tutto.
Dieci 1750 avrebbero partecipato al Rally di Brighton ma le altre le avevano accompagnate ed eran tornate fra quelle mura ove nacquero, una domenica mattina, festa degli Anziani, senza gente a vedere, presenti i capannoni storici e gli storici ricordi. Anche i ricordi di un antico amore.
Milano, anni ’60. Francesco Santovetti, Giorgio Franchetti e Michael Sedgwik con la sua Alfa 40-60 HP del 1913.
Perchè il rapporto uomo-auto antica è, sopratutto, amore : amore nella ricerca, nel sogno di trovare in un ricovero da sbratto un’antica regina umiliata a trasporto, amore nel restituire loro, con fatica, l’onore di quelle linee perfette, i pezzi originali della loro meccanica eccelsa.
E poi ancora sulle strade, colla voce di allora, nel traffico pacchiano di oggi ma così inconfondibili come ci apparvero in quella domenica mattina di maggio quando sbucarono in fila quasi ininterrotta dai cancelli di via Gattamelata e sembrava un ritorno, con quel rosso fedele, quei ruggiti ritmati come se qualcuno dai capannoni non lontani potesse riconoscerli. Dopo trent’anni. Lunghi… perchè vi era naufragato un mondo.
Angelo Bordoni